Ho letto i racconti. Li ho letti lentamente perché non sono d’accordo con chi dice che si leggono d’un fiato. Leggerli così sarebbe tradirli perché sono racconti che vanno saputi ascoltare. Si ascolta la voce narrante e se ne rispettano i silenzi. Questo mi è piaciuto in modo particolare: il ritmo tra voce e silenzi, tra voce e pause. Mi ha fatto ricordare i racconti che ho letto in altra lingua, di Heminguay, di Dylan Thomas. La lingua non conta, conta la voce che ti narra e la curiosità con cui ti narra i dettagli minimi della vita. I tuoi racconti mi hanno fatto ricordare la voce di mia nonna che raccontava le storie; sono riuscita ad apprezzarli appieno grazie a lei e al ricordo della sua voce. Sono racconti nel vero, autentico significato di questo termine, educano ad accettare e ad aspettare, a dar conto e tenere a conto quanto c’è e quanto non c’è e vorremmo ci fosse.
Paola Gherardi (docente di lingua e letteratura inglese)
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