Per Favore, Spegnete quella Luce

 

Per favore, spegnete quella luce: “un ipertesto infinito”

Esistono libri, che non vorresti mai finire. E, quando li hai finiti, li rileggi. Daccapo.Magari scoprendo qualcosa che ti era sfuggito e che ora ti sembra importante, deter­minante, illuminante. Essi diventano per il lettore, che vi entra dentro (vero lector in fabula o in fabulam), dei testi chiave. In cui ci si reimmerge, per trovare suggestioni e risposte. Uno di questi testi è la nuova opera di uno scrit­tore colto e raffinato, come non è facile trovarne nel pano­rama intasato della letteratura contemporanea: stiamo parlando di Per favore, spegnete quella luce (ed. Cedam), raccolta di racconti di Pasquale Matrone, intellettuale me­ridionale, nato a Pompei, ma residente e attivo in Tosca­na, anche se ormai le sue opere sono diffuse su tutto il territorio nazionale.

Il topos del Viaggio. Quest'opera si presta perfetta­mente, innanzitutto, a illustrare il concetto della ricogni­zione letteraria come navigazione. Del resto tutta la gran­de letteratura è imperniata su un topos, assiale per l'immaginario occidentale: il Viaggio. Dall'Odissea all’Eneide, dalla Commedia alle  Mille e una notte, dal Furioso  all’Ulisse di Joyce,  i grandi  capolavori della letteratura sono storie o visioni di viaggi. Reali o immaginari. E il libro, affascinante e originale, di Matrone è incardinato sul Viaggio, che del resto è alla base di ogni interpretazione critica. In pri­mo luogo, spesso, in esso è esplicitamente inserito l'elemento narrativo del viaggio (ci si reca dalla strega in A cena con la strega oppure si va al mare ne La favola del mare); e, quando non si viaggia fisicamente con il corpo, comunque lo si fa con la fantasia (il fil rouge di tutti i racconti è, infatti, il regi­stro fantastico, che consente all'autore e al lettore di vio­lare le categorie spazio-temporali e avventurarsi in un itinerarium mentis atque memoriae). In secondo luogo, il Viaggio si presenta anche nella sua variante del tema della enquete, cioè della ricerca, (che permea un lungo filone della letteratura occidentale, dal Furioso al Pascoli de Il libro a La recherche di Proust): per il libro di Matrone basti citare, in La terribile fine di Gnomo Bizzarro, l'impe­gno del protagonista nel ricercare Trecciadoro. In terzo luo­go, Matrone ha elaborato, alla fine del suo volume, un ricchissimo e raffinatissimo apparato a livello di metodologia e di esercizi, che rende l'opera un libro di testo scolastico piacevole e oltremodo utile: infatti per ogni racconto figura una Scheda con fittissimi richiami intertestuali (per Il principe del circo, sul dialogo padre-figlio, si rinvia alla Lettera al padre di Franz Kafka; per La favola del mare, imperniata sulla struttura della visione/sogno, Matrone si riallaccia all’analogo tema trattato prima da Schopenhauer e poi da Freud e, in relazione al racconto che dà il titolo alla raccolta, Per favore, spegnete quella luce sulla vita in famiglia, si richia­ma il Jack Frusciante di Enrico Brizzi). Ecco, dunque, il volume squadernarsi come una vera opera aperta e come un modernissimo ipertesto, in cui si entra, si naviga, si sco­pre, si creano link e poi se ne esce, magari per rientrare per altre strade e tentare altri percorsi.

Il carattere dinamico delle storie. Se c'è un viaggio ci sono un punto di partenza e un punto di arrivo. Il punto di partenza, nei racconti di Matrone, è rappresentato dalle situazioni quotidiane (uno stare in classe, in famiglia o in paese) o da un luogo chiuso. Il punto di arrivo è la valenza emblematica che tali situazioni o luoghi assumono. L’autore entra così in un punto cruciale della metodologia dell’analisi testuale, che egli peraltro padroneggia in modo dav­vero esemplare: il rapporto fra il livello denotativo (cioè l'aspetto chiaro, unico e inequivocabile di un dato) e l'aspetto connotativo (cioè l'aspetto ambiguo, plurimo e poetico del medesimo dato). In virtù di esso la siepe leopardiana è non solo un insieme di fronde vegetali, ma è l'ostacolo alla visione fisica e pertanto la spinta alla visione interiore.

Per ottenere questo passaggio la struttura delle no­velle di Matrone, per esplicita dichiarazione dell'autore, si articola nel modo seguente:

   - il livello del verosimile, rappresentato dall'iniziale si­tuazione normale;

   - il livello del nucleo fantastico, generato da uno "scar­to dalla norma" (ad esempio, un black out, che riesce a  mutare i rapporti del nucleo familiare, o un passero che invita a fantasticare o la decisione di svelarsi presa da una strega, che è  la violazione di una norma sociale);

   - il livello del ritorno alla realtà, determinato da una sorta di click improvviso che segna l’interruzione dello sviluppo del nucleo fantastico (ad es. la voce di un personaggio, come quella di Menico, che fa tra­salire gli altri personaggi).

Qualche volta vi è un nesso fra la se­conda fase (quella del "nucleo fantastico") e la terza fase (quella del "ritorno alla realtà"): ad es. l'orologio-angelo della notte (nell'omo­nimo racconto) figura sia nel viaggio fantastico che nel ritorno alla realtà.

La grande attenzione che l'autore conferisce al pas­saggio di senso dal livello denotativo a quello del livello con­notativo determina anche l'articolazione di una cifra spe­cifica e peculiare delle novelle del Nostro: il codice simbo­lico. Basti prendere in esame la transcodificazione simbo­lica che Matrone, in La terribile fine di Gnomo Bizzarro, opera con grande sorpresa del lettore, che, con un effetto di straniamento, viene, per così dire, proiettato e irretito nelle maglie della narrazione. In tal modo assistiamo alla seguente rete di livelli simbolici:

   - l'asino rappresenta non l'ignoranza, bensì la pazien­za (configurandosi come la cavalcatura dell'eroe, di cui sopporta il peso);

   - aquila non è l'animale rapace e terribile, bensì un essere uranico a contatto con il mistero del cielo ("con le ali - leggiamo nella novella di Matrone - protegge dal sole che ruota"; si innesca peraltro un elemento canonico che ritorna nelle visioni delle grandi Mistiche della Storia);

   - l'albatro urlatore, abbandonato dall'amata, diventa l'emblema dell'uomo dolente (riallacciandosi, con un ul­teriore rinvio intertestuale, alla famosa lirica di Baudelaire, in cui il volatile, "principe delle nuvole", viene sbeffeggiato dai marinai).

Le tecniche della narrazione. Nelle tecniche della narrazione Matrone dimostra la sua grande maestria di scrittore che conosce le modalità della confezione delle storie.

La prima tecnica adottata è quella dell'organizzazio­ne delle categorie spazio-temporali. Lo spazio spesso è quello infinito e dilatato della fiaba o non viene visto se non attraverso il sogno (come capita ne La favola del mare, in cui un "non vedente" riesce a potenziare una sua sin­golare vista interiore). Il tempo, invece, si dispiega dinanzi ai nostri occhi ne L’angelo della notte, grazie alle parole dell'orologiaio Mastro Isaia, che ci dice "Ciascuno è pa­drone del suo tempo e può farne quello che vuole. Può trasformare il presente e farlo durare moltissimo; può an­ticipare il futuro, progettandolo e sognandolo come me­glio crede; e infine può rievocare il passato e ricordare tutto, attimo per attimo", e poi c'è il "tempo misto", in cui presente, passato e futuro si intrecciano, dando ognuno qualcosa di sé all'altro ("Ora i ricordi si intrecciano e si confondono. Sono passati tanti anni e io sono così vec­chia, che quasi mi sembra impossibile di essere stata bambina", in A cena con la strega).

La seconda tecnica è quella della focalizzazione. Di essa esistono tre tipi. La prima è la focalizzazione zero (o non focalizzazione): con essa il narratore onnisciente dimostra di saperne più dei personaggi ("visione alle spalle" dei perso­naggi). La seconda è la focalizzazione interna: con essa visio­ne il narratore ne sa quanto i personaggi (si realizza la visione "con" i personaggi e il lettore vive "con" il narratore gli avveni­menti: l'io narrante è un personaggio come gli altri). La terza è la focalizzazione esterna: il narratore ne sa meno dei perso­naggi (si realizza una visione "dal di fuori" con conseguente tendenza all'obiettività). Comunque, spesso un personaggio viene visto da vari punti di vista, come capita nel racconto A cena con la strega, in cui un signore "strano", lo zio Camillo, viene difeso dalla sorella, considerato come un pazzo dal co­gnato e descritto nelle sue assurde ma simpatiche azioni dalla narratrice-fanciulla della storia (focalizzazione interna). Altre volte il narratore onnisciente (focalizzazione zero) inserisce nella storia principale delle storie secondarie, delle vere e pro­prie mises en abime (o inserimenti nell'abisso della narrazio­ne principale), come capita con il citato caso dall'albatro.

Conclusioni: ruolo catartico della fiaba. Un libro af­fascinante, come questo di Pasquale Matrone, non tolle­ra conclusioni, perché rinvia, in qualità di ipertesto infinito, ad altri testi, altri approdi, altre riflessioni. Una nota con­clusiva, magari momentanea, però dobbiamo pur deci­derla. E allora, pensiamo di poterla individuare nel ruolo delle storie narrate. Che spesso sono impostate sul sen­so dell'incubo che incombe sulla vita dell'uomo. Il mes­saggio dello scrittore, al proposito, è questo. L’incubo c'è: ma bisogna imparare a gestirlo, a convivere con esso, a sfoderare una forza proprio in presenza del Negativo, che magari un bel racconto può aiutarci a vincere, abbassan­do le nostre pretese e vedendo la vita non come un infer­no, ma come un piccolo e modesto, ma ricco Paradiso.

 Franco Salerno

Franco Salerno (docente, scrittore, giornalista, saggista, antropologo)

Articolo pubblicato sul periodico Presenza, nel numero di ottobre 2002

 


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