È da anni che seguiamo con interesse il percorso letterario di Pasquale Matrone che, nell'arco del tempo, è stato vario e di molteplici amori. Egli è passato dalla poesia alla narrativa per giovani, dalla saggistica alla ricerca didattica e pedagogica. Questo volta è venuto a noi con un romanzo. Il secondo (il primo, L’organetto di Barberia, fu pubblicato nel 1989) della sua carriera di narratore e di poeta: un romanzo che caratterizza un singolare impegno perché Pompei e il Segreto della Porta del Tempo (Bastogi Editrice Italiana, Foggia 2003) è anche ricerca e analisi di un mondo che non è più Segreto: ossia, il fascino della Pompei antica accoppiata a quella moderna. E qui Matrone ha dirottato i fatti narrati verso una comprensione ampia e alla portata non più di pochi e indifferenti lettori.
Pasquale Matrone con questo romanzo difende strenuamente le ragioni del suo ampio racconto che ha pure uno slancio saggistico e presenta un paesaggio che non si distacca mai dalla condizione storica e umana, con apporti etici e sociologici. Nondimeno egli rimane un uomo anche essenzialmente di fantasia e di risorse inventive.
Pompei e il Segreto della Porta del Tempo, di proposito, non si aggancia al tronco nodoso del realismo ottocentesco, a carattere essenzialmente sociale e nemmeno si esilia dai testi tradizionali, che affondano la loro radici nel terreno storiografico elevato a nozione creativa, ma si aggrega alla sorte del romanzo aperto sui problemi riflessivi non disgiunti da quelli puramente estetici. Con questo nuovo romanzo, estraneo a tanta letteratura corrente o di moda, Matrone lascia prendere di quota il lungo racconto, nel quale si ridimensionano gli accadimenti alterni alla storia, di profonda incidenza passionale, e gli altri che confluiscono verso equivalenze morali stimolate dai contrasti e dagli interessi collettivi, oltre che individuali. Le idee lottano tra loro e si conciliano sul piano dei costumi, delle usanze e delle credenze inveterate; sicché un lievito di romanticismo nascosto alita nelle pagine: un romanticismo lontano da quello compromesso dei libri più impegnati e concertanti degli ultimi anni. Quindi: un romanzo saggio. Forse. E così come è articolato e ramificato pare proprio che il libro sia ricco di una narrativa legata a schemi non logori, ma incentrati su personaggi che sono a noi vicini.
Ragione per cui Matrone ha voluto, tra 1'angoscia dolorifica di situazioni familiari e il rattrappimento dello slancio lirico, legare le pagine in una zona sospesa tra zone siderali e passionali insieme. E la saga familiare (il nonno ed il nipote, le famiglie e Pompei antica) è tutta presa da vincoli di assoluta fedeltà alle regole canoniche e accreditate di una narrativa moderna entro cui spaziano uomini e cose.
Con Pompei e il Segreto della Porta del Tempo lo scrittore vesuviano (che si porta dentro un mondo entro cui ha trascorso gran parte della sua vita e che gli alita nell’anima come vento caldo) ha dato uno sviluppo conveniente alla traccia inventiva, sciogliendola, affrancandola da ogni impedimento retorico, da inceppo analitico e realistico. I fatti tutti hanno una lineare essenzialità, sono sgomitolati con naturalezza e disinvoltura, interessano davvero i lettori desiderosi di conoscere e gustare il nostro mondo contemporaneo. E i personaggi, tutti radicati nel loro ambiente, nell'intreccio narrativo hanno una concreta logica e una continuità espositiva ragguardevole. Così Matrone, per proprio conto, con tutte le forme idonee in suo possesso, ha conferito a questo romanzo una superficie di estese proporzioni visive, con presenze allegoriche, simboliche ed emblematiche, generatrici inesauribili e insopprimibili della globale creazione estetica.
Abbiamo così un romanzo svincolato dalle peggiori ipoteche libresche e mimetiche, che si può rivolgere così al grande pubblico come ai lettori oculati ed esigenti.
Luigi Pumpo (poeta, critico letterario, direttore del periodico Presenza)
(La Voce della Provincia, n° 10, maggio 2003)
Pumpo Luigi - -
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