È l’amore il tema principale di Pompei e il Segreto della porta del tempo, l’ultimo romanzo di Pasquale Matrone; l’amore sotto molteplici aspetti e vissuto da ciascuno in modo diverso: l’amore che sconfigge la morte.
La storia è ambientata in epoca moderna: Marzio, il protagonista, è un ragazzo dei nostri tempi, un adolescente che scopre di essersi innamorato della sua Alessia, e nutre un sentimento di odio-sfiducia nei confronti dei genitori che, divorziando, si sono dimenticati di lui e soprattutto dei suoi sentimenti. Marzio trova rifugio in suo nonno Orfeo, magnifica figura di uomo che ha conosciuto l’amore e il dolore, amante della cultura e che diventa subito modello di ispirazione, figura di riferimento per il nipote.
Un viaggio, tra il reale e il fantastico, costituisce lo snodo centrale del romanzo: meta, l’antica Pompei, cinque anni prima che fosse inghiottita dall’ira distruttiva del Vesuvio: Marzio vi si trova catapultato improvvisamente e deve fare i conti con una cultura completamente diversa dalla sua: è messo duramente alla prova perché il cammino di maturazione è impegnativo e costellato di difficoltà, dolori, paure e incertezze che rendono l’uomo più forte e sicuro di sé. Un viaggio, volto ad insegnare al ragazzo che si può morire, si può rischiare la vita, si può soffrire, ma l’importante è vivere nell’amore, amando e lasciandosi amare e coltivando incessantemente gli affetti più importanti, per non dimenticarsi mai che questa è l’unica e vera finalità del nostro vivere. Oggi l’amore, invece, è messo in secondo piano: tanti gli impegni, lo stress immancabilmente aumenta e ci accorgiamo troppo tardi di aver dato maggior peso a cose insignificanti. Arriviamo spesso alla fine di una giornata con la sensazione di non aver fatto niente per noi stessi e per gli altri. Tendiamo a trascurare una priorità affettiva, spirituale, dell’anima: l’amore.
Il solo modo per capire a fondo la vera importanza di questo sentimento è, forse, quello di tornare indietro nel tempo, a una civiltà che sembra tanto lontana da noi e così arretrata rispetto al nostro livello di sviluppo, ma che tanto ha da insegnarci sull’autenticità dei sentimenti; parlo della civiltà classica. E così ci vediamo proiettati in una Pompei antica: le minuziose e preziose descrizioni dei vari ambienti cittadini regalateci dall’autore permettono di dipingere nella nostra mente un quadro perfetto di questa città che, con lo scorrere dei capitoli, si arricchisce e si completa di sempre nuovi particolari riguardanti anche le tradizioni, i costumi e le usanze dei suoi abitanti. Appare vivida ai nostri occhi l’immagine di una Pompei che il destino ha voluto distruggere e allo stesso tempo rendere importante per la sua storia e per ciò che ci ha lasciato sommerso da uno spesso strato lavico a testimonianza della sua esistenza. Il lettore ha l’impressione di trovarsi dinanzi a una città forte, capace di imporre il suo misterioso fascino, nonostante tutto. E così Pompei torna ad essere lo scrigno in cui sono racchiuse storie e tradizioni antiche e che, anche se aperto dopo millenni, conserva intatta la magia di quel passato ormai remoto ma ancora carico di tanta bellezza.
Le successive fasi del romanzo sensibilizzano il lettore a una riflessione sulla morte, sulla vita, sul ruolo che ogni uomo ha nella storia: Matrone scrive: “I morti non se ne vanno per sempre, se hanno amato e se, tra i vivi, c’è qualcuno che continua ad amarli”. Nel libro, infatti, la percezione della presenza dei defunti e il loro ricordo sono due costanti importanti, volte a sottolineare come la morte non sia così atroce e spaventevole: qualcosa di coloro che ci hanno amato rimane sempre vivo dentro di noi, come nonna Euridice è e sarà sempre presente in Orfeo, suo marito, e in Marzio, suo nipote. E poi, perché avere paura della morte? Perché vivere nella prospettiva di una fine certa e terribile che non può essere scampata? L’autore ci fa capire che la cosa più importante è spendere ogni attimo che la sorte ci ha assegnato per difendere ciò che è giusto. Il nostro scopo primario, aggiunge, deve essere quello di donare gioia a chi, con noi, condividerà una parte della storia del mondo che, seppur infinitesima, rimarrà sempre infinitamente importante: perché la storia non è fatta dalle guerre; la storia è fatta dall’uomo, anche da quello meno influente, anche da quello più povero.
Un viaggio di formazione che porterà non solo il protagonista ma anche il lettore stesso alla presa di coscienza della vera essenza della vita. Un romanzo coinvolgente, che ha come scopo la riflessione su quale sia il fine ultimo della nostra esistenza. Una storia che regala emozioni, che insegna. Un libro capace di dialogare con il lettore. Circa duecento pagine che hanno il potere di inchiodare su una poltrona, di far dimenticare ogni sorta di frenetico impegno per immergersi completamente nello straordinario mondo dell’ arte, del sentimento e della vita autentica.
Federica Manetti (studentessa)
Manetti Federica - -
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