Pompei e il Segreto della Porta del Tempo

Pompei e il Segreto della Porta del Tempo è un romanzo che ha in sé una grande capacità di sedurre, o meglio, di condurre con sé il lettore, e dal quale traspare la maestria inventiva dell’au­tore che riesce a trasmettere al lettore, coinvolgendolo totalmente, le vi­cende umane del presente, intrecciandole e fondendole col passato, cer­cando di svelare, a sé stesso e agli altri, il Segreto della felicità a cui ogni uomo può aspirare. In esso si mescolano realtà, sogno e mito accomunati da una motivazione pedagogica che, di questi tempi, non guasta. Un ritor­no al sincretismo, quindi. II libro di Matrone, infatti, si avvale delle tecni­che del “flusso di coscienza”, cosicché può accadere che le storie mitologiche assurgano al livello di una voce interiore profonda. Il messaggio ar­riva a destinazione, perché è fortemente comunicativo nella sua “com­plessità stilistica”. Esercita un contenuto altamente pedagogico, avvalen­dosi delle cariche emotive (il cuore) e fa­cendo dell’insegnamento al nipote una delle più alte espressioni dell’amore, del­la “pietas”. Così il lettore ritrova e si appassiona al dramma di Pompei, ai segre­ti di un giallo affascinante mai prevaricante. Il sogno di Marzio il quale, attra­versando la Porta del Tempo, scopre che l’uomo non finisce, che la morte è soltanto apparenza in quanto forza rigeneratrice di vita, che noi siamo coloro che furono e saremo quelli che verranno è un messaggio intriso di una religiosità, rafforzato dalla luce della fede che l’autore trasmette con immediatezza, infondendo nell’anima la gioia della serenità.

   La storia ha come sfondo una zona ad alto tasso di fascino e di mistero della Campania felix: l’antica Pompei. Il romanzo è il risultato del fe­lice incrocio di due livelli narrativi. Da una parte, esso risulta essere una storia familiare incentrata sull’incontro, nella Pompei moderna, tra un non­no e un nipote che vivono entrambi un momento difficile della loro esi­stenza. Dall’altra, il libro si presenta come una ricognizione sapiente ma, al tempo stesso, fruibile, della Pompei dell’età romana, in cui, grazie al mi­sterioso artificio del flashback, il giovane protagonista viene catapultato. Matrone fotografa la realtà del tempo corrente, e la fa scorrere sulla pelle del giovane Marzio attraverso scelte fantastiche e surreali, ma anche storiche. Le realtà trascorse divengono cosi mito reale e irreale allo stesso tempo. La casa del nonno è anche sito di fantasmi benevoli. Da essa si accede a Pompei, ai misteri, ai riconoscimenti dell’anima antica del mondo. La ca­sa ha suoi passaggi segreti; come “la porta” di Buzzati (autentico padre spi­rituale dell’autore) dalla quale entra Eura (la protagonista del “Poema a fumetti” del ‘69). Conferendo a questo romanzo una superficie di estese proporzioni visive attraverso una narrazione terapeutica e attraente ricca di presenze allegoriche, simboliche ed emblematiche, generatrici inesauribili della globale creazione estetica, Matrone strizza l’occhio al grande pubblico come ai lettori oculati ed esigenti. Un potente antidoto contro quella pe­nosa oscurità intellettuale, frutto marcio di una vistosa decadenza della ri­cerca spirituale che anche Neil Young cerca di contrastare con la sua mu­sica evocativa di orizzonti senza barriere, dove la vi­ta ai affranca dalla corporeità terrestre per mezzo dell’instancabile peregrinare del corpo e dello spi­rito.

 

   Nonno Orfeo, un anziano professore di filosofia e ar­cheologo, sconvolto per la morte della moglie Euridice, si è rifugiato in solitudine a Civita Giuliana, vec­chio borgo rurale di Pompei, in quella pianura ricca di brezze e di profumi dove avrebbe voluto catturare almeno le “ombre del passato”: il nipote Marzio, un sedicenne figlio di genitori separati che non si amano più e non si sopportano, come un “pac­co” che conta meno di niente ma nel quale il nonno farà nascere il bisogno di “scavare, di sapere ancora tante cose della sua famiglia e, soprattutto, di scoprire le vicende e i segreti della città morta”; Argo, uno spinone bianco dal pelo fitto e duro; zio Lucio, il prete; Alessia e il passato ricco di storia e di mistero…

   Un racconto drammatico e avvincente che si svolge per lo più in un complesso archeologico e storico unico al mondo nel quale l’autore fa toccare con mano il tessuto abitativo (residenze, officine, ville, le vie di comunicazione) che si riallaccia al tempo prima del terremoto del 62 d.C. e soprattutto prima del 24 agosto del 79 d.C., allorquando, in una sola not­te, l’eruzione del Vesuvio seppellì sotto quasi sei metri di lapilli e ceneri la città di Pompei con “una pioggia infernale di cenere e pietre incandescenti, mentre la gente impazzita gridava e si muoveva in disordine apocalittico... e tutto divenne una enorme e anonima montagna di fango”. Un romanzo de­licato e avvincente che, partendo dal presente, riesce a scivolare, con una strategia abile e leggera, in un passato remoto carico di umanità e in una Pompei antica ricca di fascino e di mistero. Una riflessione il cui obiettivo più autentico è la dimostrazione che Eros, al di là del dolore e della sofferenza, riesce sempre a vincere la sua battaglia contro Thánatos.

 

Salvatore Tartaglione (scrittore, giornalista, critico letterario)

(Quotidiano Roma, 28 Gennaio 2004)

Tartaglione Salvatore - -

 
 
 
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