Mariella Bottone

Nome: Mariella Bottone
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lI deserto, il dolore, il canto e  la speranza nel messaggio poetico di Mariella Bottone

La poetessa fiorentina ne è convinta: per vincere il male e la paura, bisogna reimparare a dare ascolto alla coscienza e aprire la strada all’alba

 Intervista  di Pasquale Matrone per "La Nuova Tribuna Letteraria"

 Il difficile  Viaggio verso la luce e il Mistero, dunque, può tingersi di speranza. Basta: crederci; volerlo; impegnarsi; ritrovare il vento di ieri e le voci del passato; farsi consapevoli del Grande Disegno che ci ha chiamati ad esistere.

È coinvolgente e intenso il canto di Mariella Bottone. La leggerezza rasserenante della musica che lo accompagna fa da misurato e sapiente contrappunto alla robustezza della filosofia da cui i versi traggono linfa viva e sostegno.

Quando l’ho incontrata, per l’intervista, a Firenze, Mariella Bottone mi ha dato ulteriore conferma dell’autenticità e della forza della sua visione del mondo nonché di una religiosità vissuta come conquista e come ricerca diuturna, intensa, appassionata…

Che cosa rappresenta per lei la scrittura?

“Rappresenta l’illuminazione, lo strumento privilegiato per aprirsi al Mistero della vita e della morte, il rimedio salvifico contro il dolore e la solitudine. La scrittura mi ha schiuso orizzonti impensabili, mi ha dato la forza di guardarmi dentro, di conoscermi più a fondo. Grazie alla scrittura ho ritrovato energia che ignoravo di possedere, la forza per interagire in modo costruttivo con la società e con la Storia. La scrittura mi ha curato, ha liberato la mia mente dalla zavorra della paura, ha dato forma e corpo al mio progetto di vita  …”

Quando ha cominciato a scrivere?

“Avevo quattordici anni, quando ho cominciato. Ero dotata di un sensibilità forte che mi rendeva un po’ diversa dalle mie coetanee con le quali non riuscivo a esprimere in pieno le cose che avevo dentro. Un giorno, durante la ricreazione, mi sono fermata nel giardino meraviglioso della scuola, a pensare. Nel silenzio, le voci della natura, alberi fontana uccelli e vento, hanno cominciato a parlarmi. È stato proprio in quel momento che ho avvertito l’esigenza di fissare sulla carta l’armonia e le sensazioni che stavo provando. Con la scrittura le avrei imprigionate: ne avrei salvato la memoria…”

Quali sono i poeti che ama di più?

“Amo molto sia i classici che i contemporanei. Ma solo due, da sempre, mi fanno compagnia, mi schiudono, di volta in volta, universi e orizzonti sempre più ampi. Si tratta di Pablo  Neruda e di Garcia Lorca. Neruda mi ha insegnato a liberarmi dalla presenza ingombrante dell’io, per calarmi empaticamente negli altri. Lorca mi ha fatto scoprire la passionalità e il vigore del canto poetico, la musica delle parole, l’immediatezza del linguaggio …”

Quali prospettive ha, oggi, un poeta?

“Se ha esigenza autentica di scrivere, se ha letto e studiato molto, se ha cose da dire, se è in grado di dirle con un linguaggio adeguato non mutuato da altri deve farlo e basta. Indipendentemente da qualsivoglia prospettiva o gratificazione. La poesia non ha un pubblico di lettori numeroso, pur contando su una schiera interminabile di poeti convinti che poetare significa lamentarsi delle proprie pene, vere o presunte che siano. Chi scrive, se ne ha i mezzi e le motivazioni, deve farlo innanzitutto per sé stesso. Anche se è tormentato dalla quasi totale certezza che nessuno gli cingerà il capo con una corona d’alloro. ”

Quali progetti ha per il futuro?

“Continuare a scrivere, se avrò cose da dire e fino a quando, grazie alla scrittura, riuscirò a ritagliarmi uno spazio di libertà piena, quello di cui parla Virginia Woolf  quando scrive Una stanza tutta per sé. La fuga nella scrittura, che è la fuga nell’arte del romanticismo, non è voglia vigliacca di evadere dalle responsabilità a cui il mondo quotidianamente mi chiama. È solo una pausa salutare per meditare, per ritrovare la forza e l’energia adatte a riprendere il difficile viaggio da affrontare. La scrittura aiuta la mia anima a crescere, a farsi più leggera e pulita a farsi più capace di raccontare al mondo intero il potere inebriante del bene, della giustizia, della pace, della misericordia e dell’Amore.”

 


 

 

 Come un granello nel cosmo

 La bellezza, l'amore, l'infinito e la clessidra

prefazione di Pasquale Matrone

La terra, sospesa come un granello nel cosmo, è afflitta da sovrumani egoismi che infrangono sogni e speranze. Dolore, ingiurie, sopraffazioni e venti di guerra giungono alle orecchie dell’Immenso che rotola, rugge alle tempeste della menzogna, geme... Lui, infinito e immortale, non può e non deve intervenire: gli uomini sono gli unici responsabili della loro libertà. E tuttavia soffre per questa sua consapevole, divina e irreversibile impotenza...

Mariella Bottone, artista approdata alla scrittura poetica dopo un itinerario di maturazione lungo e complesso, ne è proprio convinta: l’Immenso inorridisce quando prende atto del male che i viventi spargono sul pianeta con spietata e ottusa freddezza. Lo sostiene nella poesia che dà il titolo alla raccolta. Ma non si ferma a questa presa d’atto. Lei pure fa parte del mondo, a sua volta frammento piccolissimo nel mare senza sponde delle galassie. Lei non si abbandonerà come fragile imbarcazione alla deriva, sfiderà uragani e tempeste, alimentandosi, con una volontà determinata e incrollabile, di vigore spirituale e di fede. Trarrà il suo prezioso cibo dalle magiche armonie di cui son piene le stelle. Affinerà i sensi, il cuore e la mente sino a renderli capaci di cogliere la Bellezza nella sua totalità vivificatrice.

 

La poetessa fiorentina ha una visione del mondo che nulla intende concedere alla disperazione o al catastrofismo di maniera. L’ha conquistata sul campo, percorrendo un itinerario in salita, pieno di ostacoli, di trappole e di inganni. Ha sofferto. Ha ingoiato in silenzio fiumi di lagrime. Ha visto sogni trasformarsi in cenere grigia e pesante. Unico suo viatico sono stati gli affetti dei suoi genitori, meravigliose guide che neppure per un istante solo hanno smesso di fare da scudo e da medicina contro le aggressioni subdole e impietose della solitudine, dell’indifferenza e della crudeltà.

E, accanto ai genitori, altri angeli custodi le sono stati compagni nel faticoso cammino: Monti, Foscolo, Voltaire, Neruda, S. Paolo... La letteratura è stata e continua a essere, per Mariella Bottone, un vero e proprio strumento di salvezza contro ogni sorta di naufragio. Le consente di conversare con i grandi, di coglierne il pensiero, di scoprire nelle loro parole frammenti di quelle verità che, da sempre, insegue, con ricerca affannosa e accorata. E, ora, dopo anni di attenta e appassionata lettura, le offre la possibilità esaltante e terapeutica di dare corpo alle riflessioni, ai turbamenti, ai progetti, alle emozioni e alle attese che si porta dentro. Le ferite, le frustrazioni, le cadute, le delusioni e le sconfitte si svuotano del nero veleno che le ha nutrite per sublimarsi in canto gentile, limpido e aperto a futuri disegni di gioia e di luce.

 

Mariella Bottone non ha dubbi sulla strada da percorrere. Sa che la sua presenza, per piccola che sia, non è inutile, ha un senso: lei ha il compito di lasciarsi attraversare dalla Bellezza, di catturarne l’energia, di cibarsene, di farsi tutt’uno con essa, per poi descriverne alla gente le forme, i contorni e le celestiali sinfonie. Gli uomini smetteranno di essere sordi, si fermeranno ad ascoltare, si lasceranno convincere dalla musica e dalla purezza della voce. E, forse, impareranno che è bello donarsi, che i sogni nascono e crescono nell’amore, che è importante la costante ricerca di ciò che è umile e che il tempo della clessidra, prezioso e fuggevole, va utilizzato e vissuto per affrontare il grande e irripetibile viaggio di creature che, simili a granelli quasi impercettibili di sabbia, sono perennemente in bilico tra il Nulla e l’Infinito.

 

Noi, pellegrini d'amore

 

 

Il deserto, il dolore, la poesia e la speranza

 

Prefazione di Pasquale Matrone

Inquietante e densa, una cortina di nebbia, oggi più di quanto sia accaduto nel passato, minaccia di avvolgere la terra e di nasconderla nei putrescenti abissi del nulla. Dogmi, pregiudizi, fiumi di protervia,ideologie crudeli e assassine, libidine di ricchezza e di potere inducono gli uomini al delirio d’onnipotenza e a una ferocia smisurata e gratuita. Trionfa la voglia farneticante di una guerra perenne di tutti contro tutti; e la vita, facile solo per pochi  privilegiati, per la maggior parte della gente risulta sempre più gravosa, insopportabile, infernale.

È questo il punto di partenza di Noi, pellegrini d’amore, la nuova raccolta di versi di Mariella Bottone. La poetessa toscana, sensibile e attenta osservatrice degli eventi e delle contraddizioni presenti nella società e nella Storia, non si lascia travolgere, fedele a una missione a cui da anni si è votata. Ancora una volta avverte l’urgenza di scendere in campo: per capire, denunziare, difendere, aiutare, agire. Sa che è da vili limitarsi a guardare, abbandonando alla deriva quanti non sono in grado di sottrarsi alle offese della gigantesca marea. Sorretta da una fede dalle radici vigorose e da una vocazione letteraria trasparente e tenace, interviene con la scrittura: l’unica arma in suo possesso: lo strumento di cui, grazie alla ricerca e all’esercizio costante, ha ormai imparato a servirsi con encomiabile disinvoltura.

Da intellettuale che detesta rinchiudersi in una confortevole quanto sterile torre d’avorio, Mariella Bottone sa di intraprendere un percorso scomodo: in un mondo ubriaco, avvezzo alla supremazia della maschera e all’asservimento della realtà all’apparenza, la sua voce non troverà consensi: suonerà sgradevole, ingiuriosa, nemica. Chi pensa con la propria testa e non si piega ai potenti suscita odio e sentimento di vendetta; diventa impopolare; viene deriso e isolato; subisce l’ostracismo. Dalle sabbie mobili della menzogna gli verrà scagliato addosso fango, fino a impedirne il respiro… Nonostante tutto, occorrerà non arrendersi. Riprendendo un discorso iniziato in Come un granello nel cosmo, la sua prima silloge, la poetessa ritiene doveroso e necessario insistere nel dialogare con quanti, venditori di demagogia e di fumo,  inondano il mondo di morte e di dolore. Prima o poi capiranno. Si renderanno conto di essere solo impercettibili frammenti di polvere nell’universo. E, considerando l’esiguità del tempo che a ciascuno è toccato in sorte, comprenderanno che: niente è più imprevedibile della fortuna; non serve a nulla accumulare beni; il potere non dura in eterno; è bestiale avere trasformato Calcutta in discarica del mondo; la natura offesa, parca di perdono, reagirà con durezza alle violenze subite

La poesia possiede in sé risorse inesauribili: sa ascoltare i lamenti dell’infanzia insanguinata,  le pene degli ultimi, la solitudine dignitosa e severa  dei poveri. Riesce a sentirne anche gli echi più flebili: e li interpreta; li riveste di parole; li trasforma in musica capace di salire fino a Dio.

Anche il poeta, però, fragile al pari delle altre creature, corre il rischio di soccombere allo smarrimento, alla paura… Sedotto, anche se solo per pochi attimi, dalla voglia di fuggire lontano dagli orrori e dalle ingiustizie, vorrebbe scrollarsi dalle spalle stanche il pesante fardello dell’umanità dolente: dare un colpo d’ali in coraggiosi tuffi d’aria e farsi rondine: indifferente, leggera e serena nei cieli della sera. Ma ritorna in sé: si rende conto dell’errore: la lontananza da tutti i fratelli sparsi sul pianeta lo dannerebbe a un angosciante deserto di tenebre e di gelo. A lui non è concesso il diritto di fuggire e di non avere coraggio. È per questo che deve rimettersi in gioco. Il veleno esiziale che, emergendo dall’inconscio, minaccia di inaridirgli il cuore deve trovarlo vigile e pronto a neutralizzarne gli effetti.

 

   Il messaggio racchiuso nella raccolta prende le distanze sia dalle utopie impossibili sia dalle fatue mode culturali che minacciano la dignità e la libertà degli uomini. Più che di grandi e velleitari progetti, occorre riacquistare la facoltà di emozionarsi: di utilizzare stupore, smarrimento e malinconia come motivi autonomi di riflessione da sublimare in poesia. Bisogna, con umiltà e autoironia, reimparare a dare ascolto alla coscienza e aprire la strada all’alba: perché siamo tutti pellegrini d’Amore. Lo siamo, come sostiene  Maritain, perché ogni azione degli uomini si configura come risposta alle domande dettate dall’indigenza e dalla generosità radicate nella loro stessa natura. L’uomo, infatti, ha bisogno non soltanto di ricevere, ma anche, e soprattutto,  di donare amore: per vivere dentro la Storia e per proiettarsi verso gli orizzonti metastorici a lui destinati.

Il difficile  Viaggio verso la luce e il Mistero, dunque, può tingersi di speranza. Basta: crederci; volerlo; impegnarsi; ritrovare il vento di ieri e le voci del passato; farsi consapevoli del Grande Disegno che ci ha chiamati ad esistere.

È coinvolgente e intenso il canto di Mariella Bottone. La leggerezza rasserenante della musica che lo accompagna fa da misurato e sapiente contrappunto alla robustezza della filosofia da cui i versi traggono linfa viva e sostegno.

 





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