Rosetta Mor

Nome: Rosetta Mor
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Spazio dedicato alle interviste

Le radici e l’amore nella poesia di Rosetta Mor

 Intervista di Pasquale Matrone

 

La prima edizione del Premio Letterario Internazionale “Rocca di Montemurlo” ha ottenuto un grande successo. Ideatore e Presidente di questo concorso, promosso dall’Associazione Culturale “Giorgio La Pira” di Montemurlo (fondata da Aurelio Biscotti e presieduta da Deanna Colzi), e patrocinato dall’amministrazione comunale cittadina nonché da quella provinciale di Prato, ho avuto l’onore di dirigere una giuria formata da artisti di grande spessore: Umberto Cecchi, Lucia de Cristofaro, Salvatore Tartaglione e Roberto Pazzi, quest’ultimo nel ruolo di Presidente onorario.

Tra i premiati: il giornalista Riccardo Berti, direttore di Isoradio e conduttore della trasmissione televisiva “Batti e ribatti”. Per la narrativa edita, ha vinto il premio di duemila euro Vincenzo Pardini, con “Lettera a Dio” della Pequod edizioni, accanto a Mariano Bargellini e Antonella del Giudice, secondo e terzo premio, rispettivamente con le opere “Del simulacro perso nei sogni”, edito dalla Marietti e “L’ultima Papessa”, edita da Avagliano. Per la Poesia edita, sono stati premiati ex aequo (mille euro per ciascuno) Gianni Rescigno con la raccolta “Come la terra il mare”, edita da Guida e Pasquale Martiniello, con la raccolta “I ragni”, edita da Ferraro. Seconda e Terza, Ines Betta Montanelli, con l’opera “Lo specchio ritrovato”, edita da Bastogi e Margherita Faustini con “Unico respiro”, edita da Il libraccio. Per il racconto inedito, ha vinto ottocento euro Francesca Bonici, secondo Luciano Rossi e terzo Maurizio Bianchini. Per la Poesia inedita ha vinto il primo premio di ottocento euro Carmine Coppola, un professore di origini italiana che insegna a Winnipeg – Manitoba nel Canada e che, per caso, aveva letto il bando del concorso sul mio sito: www.pasqualematrone.it . Il secondo Premio è andato a Umbro Vicaretti. Il terzo premio lo ha vinto Rosetta Mor, con la lirica “Brevità”.

Premi speciali, infine, sono stati assegnati a Virginia Grassi, Marina Caracciolo, Caterina Termine, Fulvio Uccella, Domenico Severino…

Presidente della Giuria, ma anche collaboratore de “La Nuova Tribuna Letteraria”, ho sentito l’esigenza di intervistare subito Rosetta Mor, che vive e lavora a Verolanuova, in provincia di Brescia, una poetessa, sensibile e solare dalle grandi potenzialità e dotata di una non comune carica umana.

 Il suo messaggio mi è rimasto dentro. La Mor  non ha dubbi: quella stessa esistenza che provoca in chi vive dolore, angoscia, sottile e ingovernabile inquietudine, è, a ben considerarne l’altra faccia, anche poetica e meravigliosa. Lo è per i suoi palpiti di luce, per i fiori colorati pronti a ricevere la carezza delle api, per il geranio che brucia sotto il sole…

Colori, poesia e spiritualità sono i  tre ingredienti con i quali l’artista bresciana riesce a suscitare in chi legge emozioni forti.

Rosetta Mor ha il dono di saper raccontare la verità senza mai abbandonarsi alla sterile lamentazione, con una continua tensione verso la luce, con un desiderio mai sazio di diffondere fede, amore e speranza. E, soprattutto, con un linguaggio semplice, raffinato e suggestivo.

Le chiedo:

  

Che senso ha per lei la poesia oggi; serve ancora; non è forse esercizio vuoto, privo di senso, follia?

 

   “La poesia deve e può migliorare la società, oggi molto legata al materialismo e al pragmatismo. Essa ci solleva dalla terra. Migliora la società. Le restituisce i valori perduti: Libertà, Bellezza, Verità, Bene…”

 

Umanesimo e Cristianesimo sono le due dimensioni a cui la sua proposta artistica si dichiara ben ancorata. Perché?

 

   “Occorre ritrovare le nostre radici storiche e la nostra dimensione metastorica. Recuperare la dignità della persona. I miei punti di riferimento sono San Tommaso, Erasmo, Maritain. Quest’ultimo, soprattutto, col suo personalismo cristiano. Credo nel valore sociale della poesia. Ricordo sempre una bella lezione che, qualche anno fa, Giovanni Roboni tenne all’Università cattolica di Brescia. Fu per me illuminante .”

 

Mi aiuti a fare meglio il Presidente di questo premio che solo qualche ora fa ho avuto l’onore di assegnarle. Il bando della II Edizione verrà pubblicato entro la fine di gennaio del 2006. Ne troverà notizia sul mio sito (www.pasqualematrone.it) dove, sin da domani, ci sarà una sezione dedicata ai premiati. Mi dica, a caldo, le sue impressioni…

 

   “Non glielo dico per piaggeria, ho troppo rispetto per la verità. Quello da lei ideato e diretto è un premio serio e onesto. Ho letto nel bando che “Libertà nella Scrittura” è il suo motto. Lo ha voluto usare perché ritiene la scrittura l’unico strumento capace di restituire autonomia e dignità agli uomini. Condivido in pieno. Mi è piaciuta anche la sua idea di scegliere la rocca come simbolo di una scrittura capace di resistere alle aggressioni dei potenti e dei padroni di turno… I premi sono stati assegnati alle persone giuste. Lei ha saputo rendere onore a quanti credono nella letteratura. E non ha tradito gli ideali di Giorgio La Pira.”

 

La ringrazio e mi sento gratificato. Il premio mi è costato molta fatica… Quali poeti ha amato di più?

 

   Rilke, Raboni, Mario Luzi, Dante, Petrarca, Baudelaire, Verlaine  …”

 

È risultata terza in una sezione in cui coloro che l’hanno preceduta hanno rivelato di essere degni del riconoscimento loro assegnato e, soprattutto in un concorso che ha visto premiare artisti di grande talento. Che effetto le fa tutto questo?

 

 

“È  davvero indescrivibile quello che provo in questo momento. Sono emozionata e felice. Noi poeti viviamo di questo, come lei sa. Nel concorso, è stata premiata la letteratura onesta e pulita. È cosa rarissima oggi. Sia contento dei risultati raggiunti. È stata una esperienza indimenticabile. Ricorderò per sempre la cordialità e l’affetto con cui mi ha accolto. Ricorderò la dolcezza di sua moglie che, tra le quinte, e con umiltà,  le ha dato un aiuto notevole; ricorderò suo figlio Luigi, il fotografo della manifestazione, appena quattordicenne e già così innamorato della poesia, così bello e solare; ricorderò la tredicenne Sofia Papini che ha suonato l’arpa… E, mi creda, il premio più grande va a lei, che oltre a essere uno scrittore capace di affascinare con i suoi romanzi e un giornalista brillante, si è rivelato anche un Presidente capace di mettere insieme e di dirigere un’orchestra altamente qualificata, capace di suonare una bellissima sinfonia…”

 

 

Si ricorda ai lettori che il bando relativo alla II Edizione del Premio Letterario Internazionale “Rocca di Montemurlo” verrà pubblicato sul sito: www.pasqualematrone.it entro il 31 gennaio 2006.

Notizie sul premio potranno essere richieste all’indirizzo di posta elettronica: premioroccadimontemurlo@email.it

O telefonando al Presidente: n° cell. 349/8091849, dalle ore 19 alle ore 20.

 

 

 

 

Intervista destinata al numero 81 (Gennaio2006) della rivista La Nuova Tribuna Letteraria

 

 

 

Dove si perde il vento

Il vento, le comete e le parole

 Prefazione di Pasquale Matrone

Viandante, insieme con gli altri,  nel gran mare di nebbia che, impietoso, minaccia di travolgere e di cancellare  uomini e cose, Rosetta Mor ha scelto la poesia come strumento di navigazione, per affrontare il suo cammino verso le certezze. Dentro di sé, nel sangue e nell’anima, da sempre abita il convincimento di potercela fare: in fondo alla strada, oltre il buio e il dolore, il Mistero si lascerà violare; deporrà l’impenetrabile mantello che ne cela i contorni; svelerà, finalmente, di essere fonte inesauribile e generosa di calore e di luce.

 Anche se tormentata da crudi momenti di sconforto e da sottile inquietudine, Rosetta Mor riesce a intuire, in virtù di rapide epifanie, le ragioni di un’esistenza la cui superficie visibile ha le fattezze sinistre dell’ingiustizia, dell’odio e della insanabile contraddizione. Capisce. Ne ricava linfa nuova e vigore, di volta in volta. E, pur sapendo che è difficile tradurre i propri pensieri in vocaboli adatti a esprimere la forza di una verità capace di vincere la paura, insiste nel suo tentativo di descrivere alla gente i brandelli di sole catturati nel corso della sua appassionata e instancabile ricerca.  È, infatti, sicura che, nel breve segmento di tempo a noi destinato e che noi stessi siamo, è ancora possibile inebriarci di vita, ascoltare il palpito divino che pulsa nell’intero universo, comprendere di essere parte integrante e insostituibile di un incommensurabile e straordinario progetto radicato nell’amore e proiettato verso gli orizzonti sereni della gioia.

Il messaggio è chiaro e, nel contempo, forte: quella stessa esistenza che provoca nei viventi smarrimento e malessere, è, a ben considerarne l’altra faccia, anche poetica e meravigliosa. Lo è per l’ombra di una foglia che sussulta; per i fiori colorati pronti a ricevere la carezza delle api; per il geranio che brucia sotto il sole, come brace di ceppo in un camino ardente; lo è, infine, per il miracolo quotidiano di una natura che non smette mai di affascinare coloro che sanno guardarla con occhi innocenti e con quella sorta di infantile stupore  che sa dar voce e consistenza al canto nascosto nella mente e nel cuore di ogni uomo.

Testimonianza viva  di un’adesione totale e convinta alla proposta cristiana, le poesie dell’artista verolese sono anche il punto di arrivo e il frutto di un vissuto le cui tappe, nei momenti di letizia come in quelli della sofferenza, le hanno lasciato dentro segni indelebili ai quali, per carattere e per formazione spirituale, mai rinuncerebbe. Tutto le è servito. Anche le ferite. La sua maturazione ne ha tratto nutrimento e stimoli. Indagatrice attenta delle opere del neotomista Maritain e di quelle dell’esistenzialista Marcel, la Mor ha mutuato dal primo un’attenzione particolare per la dimensione metastorica dell’uomo e dal secondo la consapevolezza che ogni essere umano, in cammino verso il Mistero sin dalla nascita, procede con più sicurezza e libero dalla ferocia della solitudine, se ha compagni di viaggio  a cui dare e da cui ricevere sostegno, nell’ora del bisogno.

 I titoli delle sei sezioni in cui è suddivisa la silloge forniscono informazioni ben precise in merito all’organicità, alla consistenza e alla qualità della “filosofia” a cui i versi si ispirano: Attesa, Trasparenza, Insieme, Condivisione, Farsi da parte, Equilibrio. Tutti qui gli ingredienti di una ricetta che prescrive la medicina adatta a curare e, forse, a guarire le piaghe infette che minacciano di distruggere i viventi e la loro Storia.

Un’ingenuità che sconcerta e quasi dà scandalo in un’epoca abbrutita da pseudovalori sventolati come grottesca bandiera da eroi di cartapesta, venerati alla stregua di messianici maestri di pensiero. O, al contrario, una verità che, ingiustamente offesa e derisa per ignoranza colpevole o malafede, risulta, invece, di un’evidenza inattaccabile, se la si esamina nelle sequenze che ne scandiscono il ritmo. Occorre, dunque, secondo quanto propone la poetessa di Verolanuova, innanzitutto, porsi in ascolto e in attesa. L’illuminazione, raggiungendo quanti avranno saputo farsi da parte, ne libererà il cuore dall’arroganza, rendendoli sempre più autentici e trasparenti. Sarà poi necessario imparare a tenersi per mano, a procedere insieme, a cogliere i frutti benefici della condivisione. E, solo alla fine, si potrà raggiungere l’equilibrio, l’accettazione piena e partecipe del ruolo che a ciascuno compete nei disegni incomprensibili di un Dio che, ad onta delle apparenze e delle bufere che spesso prostrano e offendono l’umana fragilità, neppure per un solo istante ha mai smesso di amare, con pari intensità e allo stesso modo, tutti quanti i suoi figli.

Nella sua opera, Rosetta Mor nomina spesso le comete e il vento; e, con essi, facendo riferimento ai fenomeni acausali  ed epifanici che le fanno da viatico, parla di sincronie e cioè di quella contemporaneità di fatti ed eventi diversi nella cui illogicità sempre è racchiuso un significato: rivelatore, sia pure solo in modo parziale, dell’insondabile enigma del vivere e del morire. Il vento, metafora della divinità e le comete, emblema dell’universo sono i due “infiniti” con cui le sue parole quotidianamente si confrontano in nome e per conto di una volontà tenace e per nulla incline alla resa. In un piccolo scrigno, ben protetti, conserva, inoltre, con cura gelosa, due attrezzi, che maneggia e usa come preziosi  talismani: la memoria di quel niente che rimane, e cioè la presenza costante accanto a sé dei cari estinti,  e la trasparenza di un pensiero che, sereno e fiducioso, è in perenne attesa di risposte adeguate ai suoi interrogativi.

Riprendendo il filo di una poetica che, fatte le dovute distinzioni,  per la costruita semplicità e la quasi istintiva chiarezza di dettato, ha i suoi solidi punti di riferimento in Ugo Betti, Diego Valeri, Carlo Betocchi e Vittorio Sereni, Rosetta Mor, voce edificante e solare della letteratura del terzo millennio, con le cose che scrive, riesce a guidare i lettori lungo i sentieri che conducono alla magica soglia che separa e unisce il finito e l’infinito, alla meta ineffabile, dove il vento si perde, per trasformarsi in  energia salvifica e rigeneratrice. Lo fa con il tono dimesso e convincente delle persone umili, che sanno di essere solo una delle tante voci del coro. E, soprattutto, con un linguaggio originale, lineare e misurato.

In perfetta sintonia con la poetessa, si muove e opera Orsola Rossini, l’autrice delle sei tavole che impreziosiscono e completano la raccolta. L’artista, infatti, assai abile nel maneggiare ombre, forme e colori, è riuscita a cogliere in pieno il senso delle liriche e a trasformare il linguaggio, la passione, i sentimenti e le emozioni racchiusi nel libro in immagini belle, intense, suggestive e coinvolgenti.

 

Radici

recensione di Pasquale Matrone per La Nuova Tribuna Letteraria

 

Sergio Valentini, nella sua misurata, dotta e, come sempre onesta, postfazione, definisce Radici un “libro riuscito in modo pieno, manifesto d’una maturità poetica depurata d’ogni sbavatura, e libro tra i più convincenti di questi anni: autentico ed equilibrato, privo di autocompiacimento e luminoso di purezza…”. E Gian Mario Andrico, il prefatore, dichiara di apprezzare l’opera perché la ritiene in sintonia con un suo fermo convincimento: “Devi provare soddisfazione nella lettura; devi sentirla la gioia di aver trovato scritto ciò che vorresti leggere.” Sono d’accordo con entrambi. I versi di Rosetta Mor danno appagamento a chi li legge, gli trasmettono la piacevole sensazione di riconoscersi nelle parole e nei pensieri di chi ha scritto. E sono anche la testimonianza, sul piano letterario, di un livello qualitativo alto, fresco e di solido spessore artistico.

 

   Forte è il messaggio. Occorre avere solide radici per affrontare, con la necessaria energia, le strade impervie dell’esistenza e della storia. È nella terra in cui si è nati ed è dentro il proprio universo valoriale che sono racchiusi gli strumenti di quel viatico che offre adeguato sostegno nell’agire e nella non facile fatica di essere in un mondo che, di giorno in giorno, rischia di farsi sempre più estraneo, incomprensibile e ostile.

   L’uomo è un viandante in una sorta di impenetrabile mare di nebbia: percorre un itinerario di cui tappe e ragioni sono note solo a Dio. Il cammino è duro, le forze sono inadeguate, la disperazione è in agguato, sempre. La poetessa ne è consapevole e, tuttavia, continua, con un profondo atto di fede, a coltivare per sé e a indicare agli altri un solare convincimento che le fa dire, con animo sereno e con una meditata sincerità: “Fratello e amico mio, tu che soffri,/ tu che avverti un tumulto di pensieri/ e credi vacillanti i giorni/ di questa vita dura e forse scialba,/[…]Aprirai sguardi ai sogni e il cuore tuo/ ritornerà ad amare l’esistenza,/ nonostante le spine misteriose…”.

 

   Rosetta Mor possiede un’anima grande e trasparente nonché una sorta di naturale e congenita attitudine a farsi lei stessa poesia, dando a chi ne incontra i versi la sensazione di conoscerla da sempre e di percepirne la voce come un suono familiare e amico. Sarà per questo, forse, che Orsola Rossini, una pittrice capace di maneggiare con grande sapienza, luce, forme e colori, è riuscita a mettersi in perfetta sintonia con le liriche e a trasformare in quadri suggestivi e originali le parole, la passione, i sentimenti e le emozioni racchiusi nel libro.

 

   Pasquale Matrone

 

 

 





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